La figlia dell’Alchimista – Episodio 10

Isabella cercava di resistere al torpore che andava diffondendosi nel suo corpo e di rimanere cosciente nonostante la vista andasse annebbiandosi e una densa cortina di puntini sfavillanti baluginasse davanti ai suoi occhi.
Le lacrime scorrevano abbondanti e calde lungo le guance.
Il cerchio di Ghoul si restringeva attorno a lei e a suo padre.
Si chiese se avrebbe sentito dolore e si rispose che sì, l’avrebbe sentito, quando le creature avessero cominciato a straziare le carni; non riteneva i Ghoul capaci di pensiero autonomo e di concepire quindi il concetto di colpo di grazia.
Stava per perdere conoscenza, lo sentiva in ogni fibra del suo essere, ma si domandò se l’oblio le avrebbe risparmiato il dolore, o se il morso di una di quelle creature sarebbe stato sufficiente a ridestarla. Non poteva sapere che i Ghoul si nutrissero non delle carni, ma dell’anima delle loro vittime…
Ci fu come un lampo d’argento che descrisse un’ellisse, falcidiando i Ghoul.
A quel punto Isabella perse conoscenza, per cui non vide il giovane che trucidò e disperse l’assembramento di Ghoul.
Combatteva con una lunga falce dalla lama affilata e massiccia che maneggiava come fosse un leggero fuscello, menando fendenti e affondi con agilità degna d’un maestro di spada. Gli fu sufficiente uccidere le creature che cingevano più da vicino i due viandanti per costringere i compagni a rinunciare alla preda e a ritirarsi negli anfratti più ombrosi delle rovine.
Il sole stava infatti compiendo il suo arco nel cielo e l’ombra densa che aveva avvolto il tratto in cui Isabella e suo padre erano sbucati dal portale andava diradandosi, per scomparire del tutto nella luce del mezzogiorno.
Quando Isabella riprese conoscenza, si ritrovò distesa in un letto, tra ruvide lenzuola che profumavano di bucato e di sole. Per un momento pensò di trovarsi a casa e che gli avvenimenti delle ultime ore fossero stati un sogno.
Aprendo gli occhi su un soffitto di travi di legno, in una stanza con i muri intonacati a calce, il cui unico mobilio era costituito dal letto in cui giaceva e da una cassapanca, l’unica finestra schermata da una tenda di lino ricamata all’uncinetto, capì di non trovarsi affatto nella sua stanza e realizzò che gli eventi che aveva vissuto non se li era sognati… Ma da chi aveva ricevuto soccorso? Dove si trovava ora? E papà, dov’era papà?
Si alzò a sedere sul letto e si accorse di indossare una camicia da notte di lino. Era un capo modesto, ma aveva lo stesso profumo di pulito e di sole delle lenzuola.
Udì il cigolio della porta sui cardini, una faccetta di bambina gettò un’occhiata nella camera; vedendola seduta sul letto, lasciò la porta accostata e corse a chiamare i genitori. Tornò poco dopo con un vassoio di legno con una ciotola di latte fumante e una grossa fetta di pane nero spalmata di burro e miele.
La bambina indossava abiti di foggia modesta, ma puliti e in ordine. Aveva un visetto vispo spruzzato di lentiggini, occhi color nocciola e i capelli castani raccolti in un paio di trecce.
L’accompagnava un ragazzo alto e magro, con i capelli corvini; gli occhi azzurri e la pelle chiarissima. Il volto aveva tratti delicati e gentili. Vestiva elegante – camicia, gilet, giacca, pantaloni e scarpe allacciate; di fattura migliore di quelli della bambina. Prese il vassoio dalle sue mani e le fece cenno di lasciarli soli.
Isabella si aggiustò sul letto in modo da tenere il vassoio in grembo.
Non toccava cibo da…? Quand’era l’ultima volta che aveva mangiato?
Addentò con voracità la fetta di pane e bevve avidamente il latte.
Il ragazzo sedette ai piedi del letto e parlò con un forte accento.
“Immagino tu voglia sapere dove ti trovi. Questa è la città fortificata di Hollow Bastion, sorta in questo luogo per vegliare sulle rovine. Tuo padre… Si trova nella stanza accanto. Il medico della guarnigione si sta occupando di lui, ma la ferita è grave e… Mi dispiace, è molto probabile che non ce la faccia a superare la notte. Se ci trovassimo ad Asgard City… Ma qui le risorse sono limitate.”
Tacque, per dare modo a Isabella di metabolizzare la notizia.
Isabella avrebbe voluto piangere, urlare, gettare a terra il vassoio e correre da suo padre, ma dominò quest’impulso irrazionale; tuttavia, si fece pallida e un freddo intenso le si sprigionò dal petto e si estese al resto del corpo.
Il ragazzo si tolse la giacca e gliela posò sulle spalle.
“Ti sembrerà forse una domanda stupida” continuò, grattandosi imbarazzato la punta del naso; “Lo sai… Dove vi trovate, tu e tuo padre?”
Isabella gli rivolse un’occhiata interrogativa. Non le aveva appena detto che la città si chiamava Hollow Bastion? Poi le sovvenne che nel luogo da dove proveniva lei, non si usavano quei nomi dal suono alieno per dare i nomi ai paesi.
Scosse la testa.
“Questo voi lo chiamate Mondo Inferiore” disse il ragazzo. “Il luogo da cui provieni tu, noi lo chiamiamo Ciel Citadel, la Città nel Cielo… Anche se sarebbe più opportuno definirla l’Isola nel Cielo. È un pezzo di terra staccato dalla penisola italica e fatto levitare nel cielo con l’Alchimia… Ma dalla tua espressione ne deduco che a voi questa parte della storia non è stata insegnata.”
Il ragazzo si grattò di nuovo la punta del naso.
“Come faccio a farti capire…?”
“Posso… Vedere papà?”
“Ma certo! Ah, ma prima avrai bisogno di un cambio di vestiti! Ti mando qui Lily…”
Sparì oltre la porta e dopo qualche minuto tornò la bambina, con degli indumenti ripiegati con cura tra le braccia, che lasciò sulla cassapanca.
Se ne andò dopo aver recuperato il vassoio con i resti della colazione.
Isabella, ancora stordita, si vestì come in trance, poi uscì in corridoio.
Il ragazzo l’aspettava accanto alla porta della stanza di suo padre.
Entrò anche lui e congedò il medico, dopo aver scambiato con lui alcune parole a voce bassa, che Isabella non comprese.
Guglielmo giaceva con la testa poggiata su due cuscini, una benda candida che spuntava dal collo aperto della casacca del pigiama. Era sveglio e le sorrise quando lei entrò nella stanza. Le fece cenno di avvicinarsi al letto.
“Belle… La ferita è profonda… Ho perso molto sangue… Non mi rimane che una manciata d’ore da vivere. Ascoltami… So che hai visitato più volte la biblioteca e che a tuo fratello hai insegnato tu come leggere le formule. Non te ne faccio una colpa. Sono… Fiero della mia bambina.”
Parlare gli costava fatica e il respiro era affannato e corto. Tacque per un momento, poi riprese: “Il tuo papà… Non sono di Ciel Citadel. Sono una… delle ultime persone ad aver attraversato il portale, prima che il Concilium recidesse ogni rapporto con quello che loro chiamano il Mondo Inferiore. Il ragazzo…”
Guglielmo volse lo sguardo su di lui, in piedi accanto a Isabella.
“Tu sei… Un Alchimista dell’Esercito…”
Il ragazzo chinò il capo in un cenno d’assenso.
“Credevo avessi perso conoscenza. Non pensavo mi avessi visto combattere…”
“La catenella, quella che spunta dal taschino della tua giacca” replicò Guglielmo. “Ne avevo… Uno uguale…”
Un lampo di riconoscimento passò negli occhi del ragazzo.
“Tu sei…?”
Guglielmo annuì.
“Porta Isabelle con te e…”
“Papà?!” Isabelle non era riuscita a trattenersi.
“Come ti chiami, ragazzo?”
“Michael Shepard.”
“Mia figlia… Conosce l’Alchimia del Cielo… Prenditi cura… Di lei.”
Guglielmo chiuse gli occhi. Michael posò entrambe le mani sulle spalle di Isabella.
“Puoi restare con lui, se vuoi.”
Isabella scosse il capo e Michael l’accompagnò fuori dalla stanza.


Nota dell’Autrice
Questo capitolo conclude La figlia dell’Alchimista. Tuttavia ho deciso di portare avanti il racconto trasformandolo in una serie. La pubblicazione, come per La figlia dell’Alchimista, avverrà su The Incipit e su questo blog. Look forward to the next episode! 😉

2 pensieri riguardo “La figlia dell’Alchimista – Episodio 10

  1. Per la serie “le cose possono sempre andare peggio”…
    Questa storia però mi è piaciuta (anzi, forse mi è piaciuta proprio perché finisce male, perché non amo il lieto fine!). Sono felice di sapere che proseguirà, anche perché molte cose sono rimaste in sospeso.

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  2. Sono felice che ti sia piaciuta. È stato divertente scriverla, perché su una piattaforma come The Incipit non sai mai quale sarà il risultato del sondaggio e devi pensare a vari seguiti della storia di conseguenza.
    È stata una bella sfida.

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