Quella sera, Alice aiutò Isabella a ripassare per l’orale. Cenarono quando rientrò Alberto.
Madame Madeleine preparò per loro un consommé di verdure, poulet rôti con un giardinetto di verdure condite con una salsa alla crème fraîche, macedonia di frutta e yogurt.
Dopocena, Alberto portò Isabella a visitare la città. Parigi era stupenda e Belle ne fu incantata.
I viali illuminati, il riflesso dei lampioni sulla Senna, l’Avenue des Champs-Élysées, con i suoi cinema, i caffè e i negozi di lusso, Place de la Concorde con il suo obelisco e Place de l’Étoile con l’Arco di trionfo, erano meravigliosi, illuminati dalla luce dorata dei lampioni. Visitarono la Torre Eiffel e la cattedrale di Notre Dame. Si fermarono in un caffè, dove Alberto offrì a Isabella una cioccolata in tazza e un’éclair alla chantilly.
L’orale si svolgeva nel Salone di Mercurio, arredato, per l’occasione, con la sola cattedra per la Commissione e una sedia per il candidato. I candidati entravano uno alla volta.
“Avanti, siediti” la invitò, gentilmente, il Presidente della Commissione, un Alchimista anziano, baffuto. Portava l’uniforme militare. Sulle spalline, aveva le stelle di generale.
Isabelle esitò. Chiuse gli occhi. Inspirò ed espirò. Prese posto davanti alla Commissione.
L’anziano Alchimista sorrise.
“Sembra che tu sia molto portata per l’Alchimia. Ho esaminato molti candidati. Erano anni che nessuno passava il test a pieni voti. Posso chiederti per quale motivo hai deciso di sostenere questo esame? Cosa speri di realizzare, prendendo il titolo di Alchimista dell’Esercito?”
“Vengo da Venezia. Io e mio padre siamo stati esiliati, perché abbiamo fatto uso dell’Alchimia, che per la gente comune, quelli che non fanno parte della Scuola, è un tabù. Mio padre è morto subito dopo aver attraversato Porta del Cielo. Siamo stati aggrediti da una banda di ladruncoli in un vicolo di Venezia e mio padre è stato ferito a morte. Sono rimasta senza nessuno al mondo. Destinata a un’esistenza di miseria e vergogna, in una terra a me straniera. Il tenente Michael Shepard mi ha offerto un’alternativa, un’occasione di riscatto. È forse egoistico il motivo che mi ha spinto a presentarmi davanti a questa Commissione, ma la povertà, la miseria, la commiserazione della gente, non le posso sopportare. Voglio ricostruirmi una vita, mettere la mia intelligenza in gioco, scoprire dove posso arrivare con le mie capacità, costruendo il mio futuro con le mie mani! Questo è il motivo per cui sostengo l’esame.”
L’anziano Alchimista sorrise.
“Molto bene. Sei determinata. Passiamo alle domande sull’Alchimia.”
Quando uscì nei giardini di Versailles, le ginocchia cedettero e Isabella si accasciò.
“Belle!”
Alberto, preoccupato, fu subito da lei. Isabella sentì che le lacrime le pungevano gli occhi e si abbandonò ai singhiozzi.
“Cos’è successo? Sta male?” chiese Alice, raggiungendoli.
“Credo che abbia semplicemente lasciato andare la tensione.”
Alice la trasse a sé e l’abbracciò.
“Va tutto bene, Belle.”
Dopo l’orale e il pianto liberatorio, Isabella dormì profondamente. Si svegliò riposata e rinvigorita, pronta ad affrontare l’ultima parte dell’esame. Mangiò anche un’abbondante colazione.
Alberto la condusse nei giardini, dove la Commissione aveva preparato materiale in abbondanza per la sintesi.
“Potete creare quello che volete” disse il Presidente della Commissione.
Un ometto bruno e tarchiato costruì una torre, ma esaurì tutta l’energia che aveva nella sintesi e si accasciò esausto davanti alla sua costruzione, che era un po’ storta e pendeva da un lato.
Un giovane alto e biondo, borioso, creò un pallone aerostatico, che si bucò e andò ad afflosciarsi contro la torre pendente, la quale si sgretolò come un castello di sabbia.
Un uomo sulla sessantina, con i capelli brizzolati, volle fare una scultura, ma non aveva visualizzato bene l’immagine nella sua mente e dalla sintesi emerse una figura deforme.
Un quarantenne che portava i gradi di caporale, creò un cannone, che però era difettoso; lo investì con il ritorno di fiamma e il proiettile si sarebbe infranto contro un’ala dello splendido edificio, se un colonnello della Commissione non avesse eretto un muro di difesa.
Isabella si fece avanti. Scelse un unico blocco di marmo candido. Chiuse gli occhi. Visualizzò l’immagine nella sua mente, con dovizia di particolari. Portò le mani al ciondolo e iniziò la reazione. Il blocco di marmo fu avvolto da un turbine di luce smeraldina. Quando si dissolse, rivelò la statua di una fanciulla. Il marmo era stato intagliato così finemente, che i drappi che ne ricoprivano il corpo morbido e sinuoso sembravano soffici e impalpabili come fossero di velo; i capelli parevano sollevarsi al vento; gli occhi e l’espressione del viso erano così vivi, che sembrava dovesse risvegliarsi dal suo gelido sonno di marmo e prendere vita.
Il Presidente della Commissione si lisciò i baffi e chinò il capo per nascondere un sorriso.
“Così, abbiamo una giovane Alchimista tra noi.”
Come prosegue la storia?
- La scena si sposta in un altro luogo ed entra un nuovo personaggio. (33%)
- Fanno ricerca nella biblioteca centrale di Londra per tradurre gli appunti di Hohenheim. (33%)
- Un alchimista che si è ritirato a vita privata svela loro gli esperimenti dell’Esercito. (34%)
Un regalo da scartare http://corsierincorsi.blogspot.it/2013/01/regali-inaspettati.html
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Grazie e mille, Sara! 🙂 Accetto volentieri.
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Isabella sta andando alla grande, mi pare!
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Vero, vero. Devo trovare il modo di inserire qualche ostacolo per alzare la tensione.
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