Bek avvertì un forte dolore dietro lo sterno, così intenso da toglierle il respiro. La stanza si capovolse, poi sopraggiunse il buio. Raphael imprecò violentemente, poi fu subito al suo fianco, due dita sull’arteria carotide.
Sospirò di sollievo quando sentì il battito – flebile, ma c’era.
“È viva” confermò Sofia, descrivendo un arco con la mano e richiamando una serie di schermi olografici, che riportavano le condizioni vitali di Bek.
“È in coma!” ringhiò Raphael, interpretando i dati e lanciando un’altra serie di imprecazioni.
Sofia richiamò un altro schermo e mosse velocemente le dita su di esso.
“Ho riattivato la clinica nella struttura abitativa dei Creatori.”
“Cosa facciamo se non si riprende?!”
Isabella si allarmò. Raphael era nel panico. Non aveva previsto quella situazione e ora non sapeva cosa fare.
Fin dal loro incontro nella piazza della città bianca aveva avuto la sensazione che fosse il ragazzo a condurre le operazioni. Si avvicinò e gli posò una mano su un braccio.
“Portiamo Rebekkah alla clinica e poi penseremo al da farsi.”
“Ho comunicato ad Aki e Rei di venirci incontro ai piedi della torre” disse Sofia, muovendo di nuovo le dita sugli schermi.
La veste fu sostituita da casacca e pantaloncini simili a quelli indossati dai Aki, di colore bianco; l’orlo della casacca, rosa fucsia, richiamava il colore delle calze e della zip degli stivaletti alla caviglia. I capelli erano raccolti in una coppia di codini.
Raphael prese Bek tra le braccia e si spostò sulla piattaforma-ascensore. Isabella, Alberto e Sofia li raggiunsero.
Furono avvolti da una colonna di luce e poco dopo si ritrovarono nell’atrio della torre. Fuori c’erano Aki e Rei ad aspettarli.
Salirono su una vettura della monorotaia. Raphael adagiò Bek su un sedile e tornarono al palazzo degli alloggi.
La clinica era situata al tredicesimo piano. Sofia si occupò di operare gli strumenti diagnostici.
“È in coma vigile. Si riprenderà” disse, “Ma non so quando si risveglierà. Potrebbe essere troppo tardi…”
Fece trasferire Bek in un bioletto. I sensori si attivarono captando la sua presenza e una serie di schermi olografici vennero proiettati tutt’attorno al corpo inerte di Bek. Sofia ordinò ad Aki di replicare una soluzione nutritiva endovenosa e con mani esperte sistemò il catetere per la fleboclisi. Prima di collegare la soluzione, prese un campione di sangue.
“Aki e Rei.”
I due Sintetici risposero con un cenno affermativo del capo e restarono a vegliare Bek.
“Seguitemi” disse Sofia agli altri tre. Aveva con sé il campione di sangue di Rebekkah.
Condusse Raphael e i due terrestri alla torre dove centinaia e centinaia di cloni di Aki e Rei dormivano nelle loro capsule.
“Qui è dove ‘dormono’ i Sintetici quando non vengono utilizzati” spiegò Sofia. “Un Sintetico non ‘vive’ per sempre, al contrario di quanto potreste pensare. Quando le loro mansioni non sono richieste, vanno ‘in letargo’. Si chiama stasi.”
“Ne parli come se tu non fossi una di loro” protestò Belle.
“Infatti. Sono una forma di vita sintetica ma sono… diversa da loro. Procediamo?”
Scesero al terzo livello interrato, dove si trovavano tre capsule, che contenevano ognuna un clone di Sofia.
Questi tuttavia avevano i capelli bianchi e la pelle diafana, traslucida, quasi trasparente… come di vetro.
Sofia si avvicinò a una delle capsule e richiamò uno schermo olografico su cui disegnò un glifo.
Sul bordo esterno della capsula si aprì un foro, nel quale Sofia fece scivolare il campione di sangue.
“Cosa sono?” chiese Isabella. “Cosa stai facendo?”
“Ricambi.” Sofia sospirò. “Ne dovrò sacrificare uno.” Disegnò altri glifi, infondendo l’essere con il sangue di Bek. Il corpo sussultò nella capsula, mentre i capelli si coloravano di rosso corallo e la pelle assumeva un incarnato roseo. Bende elastiche le fasciarono il corpo. Il coperchio della capsula si aprì.
“Sai quello che devi fare.” disse Sofia.
Risvegliandosi, il suo doppio annuì.