Cinderella96

Nel momento in cui la madre morì, Claire perse tutto. Non solo la madre e il suo affetto e il suo sostegno, ma anche tutto il resto, tutto ciò che aveva fatto di lei una ragazza felice.
Non le fu nemmeno lasciato il tempo di piangere, che il padre si risposò, con la sua segretaria. Che si frequentassero e uscissero insieme non era un segreto, perché avevano cominciato a vedersi che la madre di Claire era entrata nell’ultima fase della malattia.
Ora, la signora segretaria era considerata da tutti in azienda come una donna orribile.
Era opinione condivisa che si fosse approfittata della malattia della madre di Claire per impossessarsi del patrimonio del capo, piuttosto che del suo cuore, poiché il padre di Claire era presidente e amministratore delegato di una delle più grandi aziende produttrici di pubblicità di Londra, con sede a Canary Wharf.
Oltretutto aveva anche un pessimo carattere: era perfida, capricciosa, una vera strega.
Non era bella, non era giovane, aveva anche avuto due figlie dai precedenti matrimoni, ma sapeva esercitare la sottile arte della persuasione e lo sapeva fare davvero molto bene.
Non che il padre di Claire fosse un pusillanime, anzi, era stato un uomo forte e carismatico, un grande capo azienda, ma la malattia e la morte della moglie lo avevano devastato.
Non era stato più lo stesso e questo lo aveva spinto tra le braccia della signora segretaria.
Claire viveva con il padre a South Kensington e frequentava una scuola privata, dove si trovava molto bene e aveva tanti amici.
Il primo atto della matrigna, appena installatasi nella nuova dimora, fu di convincere il padre a ritirarla da scuola, e la sfrattò dalla sua cameretta, che diede a una delle figlie, mentre per l’altra figlia fece arredare con mobilio nuovo di zecca la stanza degli ospiti.
Per Claire furono sistemati dei mobilacci, recuperati da un rigattiere, in un angolo della soffitta.
La matrigna la privò persino dei vestiti e le tolse il computer (tanto cosa se ne faceva in soffitta, che non c’era nemmeno la presa per Internet?) e il cellulare, che gettò con i vestiti, i libri di scuola, i romanzi, i fumetti, la musica, i film, i peluche, le foto (tutto ciò che le era appartenuto), dentro a degli scatoloni, che poi fece portare via.
Claire non si oppose e come avrebbe potuto? Il padre era succube della signora matrigna.
La signora matrigna però si rendeva conto che non avrebbe potuto mandare in giro la ragazza nuda, così le procurò dei vestiti smessi a un’associazione per i poveri.
Claire non fu entusiasta del guardaroba che la signora matrigna aveva preparato per lei, perché aveva scelto proprio i capi più consunti e sciatti e si era anche assicurata che fossero di almeno due taglie più grandi, così che sulla sua corporatura snella stessero davvero male. La costrinse persino a tagliarsi i capelli e a indossare un paio di occhialacci antiquati con la montatura in bachelite nera, invece delle lenti a contatto e dei leggeri occhiali senza montatura che era abituata a portare, per nasconderne gli occhi, ma anche così conciata, Claire emanava una radiosità che la rendeva bella, in confronto alle sorellastre, che seppur non brutte, non si poteva nemmeno dire che fossero delle gran bellezze e avevano anche ereditato dalla madre il carattere capriccioso e sgradevole.
Claire non venne costretta a far le pulizie, a cucinare e a rammendare, però le fu fatto divieto di usare il computer, il telefono e la televisione e di vedere o contattare gli amici.
Venne iscritta a una scuola pubblica, perché un’educazione bisognava pur dargliela.
La signora matrigna si preoccupò personalmente di procurarle dei libri usati che fossero pieni di scarabocchi e uno zaino tutto scritte e strappi e il minimo indispensabile per scrivere, facendole espresso divieto di iscriversi a corsi di arte, musica o informatica.
Anzi, si fece portare l’orario e fu lei stessa a scegliere i corsi che Claire poteva frequentare.
Claire era stata una studentessa brillante nella sua vecchia scuola, ma la signora matrigna la mattina del suo primo giorno nella nuova scuola, prima di uscire di casa, la minacciò: che non s’azzardasse nemmeno a portare a casa bei voti e a farsi notare dagli insegnanti.
Questo perché le sue due figliole, a scuola, erano piuttosto mediocri e non voleva che l’odiata figliastra oscurasse i loro successi portando a casa una pagella favolosa, anche se ora faceva una scuola da sfigata e l’aveva iscritta solo a corsi da ‘studenti problematici’.
Le figlie della signora matrigna vennero invece iscritte alla scuola che aveva frequentato Claire e la madre si premurò di inserirle nei corsi più avanzati, mettendo nel loro curricolo anche musica ed educazione artistica, materie per le quali erano assolutamente negate.
Fu così che la signora matrigna istituì un rito, al quale Claire era costretta a partecipare tutti i pomeriggi, al ritorno da scuola: per dare alle sorellastre una seppur minima speranza di tenersi almeno al passo con i compagni, Claire doveva non solo far loro i compiti e fare in modo che risultassero perfetti, ma anche dargli ripetizioni in tutte le materie.
Quando veniva la sera e a Claire era permesso ritirarsi nella sua misera stanzetta in soffitta, allora faceva i propri compiti e li riempiva apposta di errori.
I primi tempi nella nuova scuola furono per lei tristi e difficili, perché nessuno voleva avere a che fare con una sciattona tanto somara che non ci si poteva nemmeno intavolare una conversazione sullo schifo di cibo che servivano alla mensa e tutti la snobbavano.
Le lezioni erano particolarmente tediose: Claire aveva una conoscenza perfetta degli argomenti, grazie alla sua precedente educazione, e in ogni caso gli insegnanti difficilmente riuscivano a tenere la classe fino alla fine della spiegazione, perché i corsi che frequentava, erano quelli dei casi disperati. Così se ne stava buona, buona, zitta, zitta nel suo banco e fantasticava.
La signora matrigna le aveva dato ordine perentorio di rientrare a casa subito dopo le lezioni e Claire, non osando immaginare quali orribili punizioni avrebbe ricevuto disobbedendole, faceva sempre in modo di rientrare entro un certo orario.
Vicino alla sua scuola, c’era però un centro commerciale dove si fermava sempre prima di prendere la metro, per andare ad ammirare le scatole di pastelli colorati e gli altri strumenti da disegno in cartoleria, o guardare i cellulari esposti nella vetrina del negozio di telefonia mobile; quando si sentiva particolarmente depressa, marciava all’interno dello store di elettronica fino allo stand della Apple per giocare un po’ con i computer in esposizione, ma non si fermava mai più di qualche minuto, per paura che potessero mandarla via (lei, che fino a poco tempo prima avrebbe potuto comprare anche l’intero negozio!).
Claire, tuttavia, non era mai stata una ragazza particolarmente capricciosa, anche se aveva avuto una vera passione per i gadget elettronici, quando ancora poteva permetterseli.
Trascorsero alcuni mesi e Claire per tutto quel periodo non versò una lacrima e non si lamentò, nemmeno nell’intimità della propria misera stanzetta in soffitta, non perché non soffrisse, né perché fosse particolarmente coraggiosa, ma non voleva dare alla signora matrigna la soddisfazione di sentirla piangere.
Ma da qualche parte le sofferenze di una persona devono pure avere sfogo, così Claire a un certo punto cominciò, senza neanche accorgersene, durante le lezioni, a disegnare una storia a fumetti, la storia di una principessa prigioniera, trattata come fosse una serva.
Intorno allo stesso periodo i professori cominciarono a notare che c’era qualcosa di strano negli errori che faceva negli esercizi a casa e nei compiti in classe, una regolarità nella frequenza e nel tipo di errori commessi e si resero conto che erano voluti!
Allora per la prima volta guardarono il suo dossier e si resero conto che proveniva da una prestigiosa scuola privata, dov’era stata una studentessa eccellente e allora la convocarono a colloquio, ma Claire si rifiutò di rispondere alle loro domande.
Quando uscì dalla sala insegnanti, trovò un ragazzo ad aspettarla in corridoio.
Si guardò intorno. C’erano solo loro due in corridoio. Aspettava proprio lei?
Gli lanciò un’occhiata di sottecchi. Era carino. Era alto, magro, rosso di capelli, aveva l’aria da secchione, ma era carino. Il tipo di ragazzo che forse la vecchia Claire avrebbe snobbato, ma al quale l’attuale Claire non poteva nemmeno sperare di avvicinarsi.
“Cosa hai fatto di così tremendo?”
Claire si mise subito sulla difensiva.
“Non ho fatto proprio niente!”
Il ragazzo sorrise.
“Lo immaginavo. Mi chiamo Brandon Tyler. Tu, invece, sei Claire McIntyre, sbaglio?”
Claire trattenne un’esclamazione di sorpresa e sollevò su di lui uno sguardo interrogativo.
“Come faccio a saperlo, visto che non frequentiamo nemmeno gli stessi corsi?” rispose lui, “Eri sul giornale. Nella foto eri diversa. Avevi i capelli lunghi e immagino che indossassi le lenti a contatto e il tuo sorriso era radioso, ma sei proprio tu, non è vero?”
Claire chinò il capo in un muto cenno d’assenso, gli occhi grandi per la paura.
“Come ci è finita la vincitrice del concorso di disegno di una prestigiosa scuola privata per rampolli dell’alta società in un liceo per sfigati come questo, a frequentare i corsi per somari, per di più? Perché immagino che tu non sia davvero una somara, o sbaglio?”
Claire lanciò un’occhiata alla porta della sala insegnanti alle sue spalle. Brandon capì.
“Scusa, non ne vuoi parlare qui, giusto? In realtà non devi parlarne se non vuoi. Non ti stavo spiando. Non ti farò una dichiarazione d’amore. Non è quello di cui hai bisogno in questo momento. Ma ti ho osservata e ho pensato che un amico potrebbe farti comodo.”
“Devo tornare a casa. Devo rientrare per le sei…”
“Oh, ma non è giusto! Cenerentola aveva fino a mezzanotte!”
Claire si lasciò sfuggire un piccolo sorriso.
“Ah, eccolo quel tuo sorriso che mi piace tanto! Senti, se non vuoi parlare qui, non devi farlo. Se c’è un posto dove vuoi andare, dimmelo che ti ci porto e poi parliamo. Parliamo e basta, vuoi?”
Claire rifletté per un momento e poi abbassò di nuovo il capo in un cenno d’assenso.
Lasciarono la scuola, ma poi Claire si rese conto che non aveva davvero un posto in cui andare. Si fermò dopo che ebbero fatto pochi passi fuori dal cancello.
“Scusa. Sei stato tanto carino. Ma io…non so dove andare…Se ci vedono insieme…”
“Okay, questo ti suonerà un po’ sfrontato, ma ti va di venire a casa mia? E’ qui vicino.”
Claire esitò. Brandon fraintese il motivo della sua esitazione.
“Guarda, mia madre è a casa e ho anche un diavolo di una sorella minore…”
Claire arrossì.
“Ah, no…non è per quello…Va bene. Andiamo a casa tua, ma posso fermarmi poco…”
“A casa per le sei.”
Mentre camminavano, non parlarono. Brandon la condusse a un tipico quartiere di casermoni in cemento armato della working class. La sua famiglia viveva in un appartamento al quinto piano di un palazzone dei Powell Estates di Peckham.
Era una casa modesta, arredata con mobilio economico, ma Claire non riuscì a trovarla brutta: si vedeva che gli occupanti ne avevano cura ed emanava calore famigliare.
La sua villa a South Kensington, in confronto, era un luogo triste e freddo.
Claire fu investita da un’ondata di emozioni e sentì le lacrime pungerle gli occhi.
“Tutto bene?” le chiese Brandon, mettendole una mano su una spalla, impacciato.
“Tutto ok.”
“Vieni con me in cucina. Mamma di solito a quest’ora prepara la merenda per Lucy.”
Claire si lasciò condurre nella piccola cucina, che era modesta, ma pulita e ordinata.
“Mamma, lei è Claire, una mia amica. Siamo compagni di scuola. Noi ci mettiamo in soggiorno a usare il computer. Puoi portarci una tazza di tè e dei biscotti?”
Sua madre sembrò sorpresa che Brandon avesse portato a casa un’amica. Sorrise.
“Ma certo.”
Claire e Brandon tornarono in soggiorno e lui le disse di sedersi sul divano e aspettarlo un attimo. Tornò con un computer sottobraccio, un portatile Acer, che posò sul tavolino.
“Abbiamo appena installato la wi-fi, così possiamo collegarci da qualsiasi parte della casa.”
Aprì il computer e lo accese.
“Il cellulare non ce l’hai, vero?”
Claire scosse la testa.
“Fammi indovinare, te lo ha sequestrato la matrigna.”
“Me lo ha portato via.”
“Anche il computer?”
“Anche il computer.”
“Da quanto tempo non contatti i tuoi amici? Saranno preoccupati per te.”
Il sistema operativo si era caricato e Brandon entrò nel suo profilo. Claire notò che usava Linux. Doveva proprio essere un geek. Lui lanciò Firefox, che aveva un aspetto un po’ diverso su Linux e scelse dal menu dei segnalibri il link di Facebook.
“Un account Facebook ce l’hai, vero?”
“Chi non ha un account Facebook?”
“Scommetto che usavi un Mac.”
“Sì, avevo un MacBook e anche un iPhone.”
“Coraggio! I tuoi amici vorranno sapere come stai!”
“Posso davvero?”
“Sicuro! Guarda, non ho installato spyware e altra robaccia! Puoi stare tranquilla!”
Era uno strano ragazzo, ma Claire sentiva di potersi fidare di lui.
Inserì il suo indirizzo di posta elettronica e la sua password ed entrò nel suo account.
Gli amici e i vecchi compagni di scuola avevano postato centinaia di messaggi sulla sua bacheca. I post più recenti risalivano a pochi giorni prima. Volevano sapere cosa le fosse successo e se stava bene. Claire non riuscì a trattenere le lacrime.
Brandon la lasciò sola e andò ad aiutare la madre con i preparativi per la merenda.
Tornò poco dopo con un vassoio su cui c’erano due tazze di tè e un piatto di biscotti.
Dopo che ebbero preso il tè, Brandon l’accompagnò alla fermata della metropolitana.
“Non era necessario!” protestò Claire.
“Tanto a quest’ora vado sempre a prendere Lucy che esce da scuola.”
“Grazie. Di tutto. Anche se alla fine non abbiamo parlato. Ma grazie.”
Quando rientrò a casa, era leggermente più tardi delle sei e la matrigna la rimproverò.
“Dove sei stata fino a quest’ora, comunque?” aggiunse alla fine.
Claire sostenne il suo sguardo.
“A scuola. Sono così stupida e prendo sempre brutti voti, che sono stata convocata dai professori. Ma non ti preoccupare. Non gli ho raccontato che lo faccio apposta perché quelle somare delle mie sorellastre possano sembrare intelligenti.”
L’amicizia di Brandon e il sostegno dei suoi vecchi amici su Facebook, le avevano dato il coraggio necessario per reagire, ma aveva esagerato e le arrivò uno schiaffo.
“Piccola impertinente! Fila a fare il tuo lavoro! Questa sera, niente cena!”
Claire le rivolse un ultimo sguardo di sfida, prima di volgerle le spalle e andare a fare i compiti di Sarah e Bridget.
Da quel giorno, Claire trovò sempre Brandon ad aspettarla al cancello alla fine delle lezioni. Andavano a casa sua, prendevano il tè, parlavano, Brandon le lasciava usare il computer per tenersi in contatto con i suoi amici, poi l’accompagnava alla fermata della metro.
Claire rientrava sempre leggermente più tardi delle sei, ma si giustificò raccontando alla matrigna che i professori la trattenevano a scuola in punizione dopo le lezioni perché prendeva sempre brutti voti.
I primi tempi Claire non volle parlare a Brandon della sua situazione attuale, così lui lasciò che gli raccontasse del passato, della sua vita come figlia di un manager della City.
Lui le parlava della sua vita e della sua famiglia, della sua passione per il computer, i videogiochi e i fumetti manga e del suo sogno di diventare programmatore di videogiochi.
Man mano che trascorrevano del tempo insieme e cominciavano a conoscersi, Claire si aprì a lui, finché un pomeriggio non trovò il coraggio di raccontargli com’era la sua vita attuale. Brandon ascoltò in silenzio, poi, quando ebbe finito, incapace di contenere la rabbia, scattò in piedi e fece alcuni passi per il salotto, poi tornò a sederle accanto e la guardò negli occhi.
“Devi raccontare questa storia a qualcuno, Claire. Che so, potresti rivolgerti ai servizi sociali…”
“Sarebbe inutile. Se anche facessi venire i servizi sociali, la matrigna poi farebbe in modo che sembri tutto perfettamente normale. Viviamo a South Kensington, mio padre è un manager di una grossa azienda di pubblicità, non credo che indagherebbero più di tanto.”
“Hai ragione. Ma dobbiamo comunque fare qualcosa. Non puoi continuare così…”
Brandon lanciò un’occhiata allo schermo del computer e gli venne un’idea.
“Ma certo! Useremo Internet! Claire, racconteremo la tua storia su Internet!”
Claire sollevò su di lui uno sguardo terrorizzato. Lui le prese le mani e sorrise.
“Tranquilla, non devi metterci il tuo vero nome. Almeno non subito. Riveleremo la tua vera identità solo alla fine. Useremo Blogger, Twitter e Facebook.”
“Cos’hai in mente?”
“Tu scriverai la storia, nella forma di un diario, su Blogger, con un nome inventato. Io aprirò una pagina pubblica su Facebook e un account Twitter e li userò per fare pubblicità al blog. Inviteremo la gente a leggere la storia e a scoprire l’identità del blogger, che riveleremo solo alla fine. Puoi scrivere la storia in modo da lasciare piccoli indizi da seguire, Claire?”
“Penso di sì. Sono brava a scrivere. Posso disegnare anche qualche illustrazione.”
“Sarebbe perfetto! Se siamo bravi, e anche molto fortunati, immagino, attireremo anche l’attenzione della stampa. Quando salterà fuori che sei la figlia di Ewan McIntyre dovrà pure succedere qualcosa! Tu scrivi la storia e disegna le illustrazioni, Claire. Io farò il resto!”
Claire lanciò un’occhiata allo schermo del computer. Poteva funzionare. Tanto cosa aveva da perdere?
“Okay.”
Brandon andò subito su Internet e aprì i tre account, su Blogger, Twitter e Facebook.
Come nickname per Claire, scelse Cinderella96.
Quella sera, dopo cena, Claire cominciò a scrivere la sua storia. Il pomeriggio successivo la trascrisse sul computer di Brandon e postò il primo capitolo sul blog. Brandon si occupò di spedire gli inviti su Facebook, tra cui incluse anche le redazioni del Guardian, del Times, dell’Independent, del Mirror e della BBC, a cui mandò anche il post per e-mail.
Ogni sera Claire scriveva un nuovo capitolo, che poi il pomeriggio successivo postava sul blog. La loro idea funzionò: solo nella sua prima settimana di apertura, il blog e gli account collegati di Twitter e Facebook, registrarono centinaia di accessi da tutto il Paese.
Tra i lettori fissi del blog, gli amici su Facebook e i follower su Twitter, c’erano anche il Guardian, il Times, l’Independent, il Mirror e la BBC.
Claire continuò a scrivere per mesi, aggiungendo un nuovo capitolo ogni giorno.
Una sera scoprì che persino le sorellastre stavano seguendo la sua storia, ignare che l’autrice fosse proprio Claire. Ne fu così felice, provò un tale senso di trionfo, che si sentì disposta a essere particolarmente generosa con loro e decise di ringraziarle, insegnandoli come fare a farsi i compiti a casa da sole, e finalmente la discrepanza tra gli esercizi per casa, sempre perfetti, e gli scarsi risultati nei compiti in classe, fu colmata e sulle loro pagelle le C si sostituirono alle D e cominciò a comparire anche qualche timida B.
La signora matrigna restò molto perplessa da questo cambiamento nei risultati scolastici delle figlie, perché non sapeva se infuriarsi con Claire per averle disobbedito e aver agito di testa sua, o se esserle grata per aver reso le sue figlie un po’ meno somare; non sapeva neanche come interpretare il gesto di Claire, perché il concetto di generosità le era del tutto estraneo.
“Non credere che ti ringrazierò per questo!” le disse alla fine, prendendola da parte.
“Non mi aspettavo di essere ringraziata, infatti. L’ho fatto perché mi facevano pena.”
Ancora una volta, Claire aveva osato troppo e le arrivò un nuovo schiaffo.
“Fila a letto senza cena, piccola impertinente!”
Claire fece dell’episodio un nuovo capitolo della sua storia.
Alcune settimane più tardi, giunse il fatidico pomeriggio in cui si sarebbe rivelata al mondo.
Quando si recò a casa di Brandon, trovò la famiglia al completo ad accoglierla.
Brandon le disse che sua madre, che era un’infermiera, aveva fatto il cambio turno con una collega per prepararle dei dolcetti per la merenda e infatti per la casa si spandeva il profumo dei muffins; suo padre, un impiegato delle poste, aveva preso un giorno di malattia con la scusa di un brutto raffreddore ed erano andati a prendere Lucy all’asilo, perché era un giorno importante per Claire e anche perché la BBC aveva dedicato uno speciale all’evento; per cui trovò tutti quanti in salotto davanti alla tv, mentre il conduttore della BBC annunciava il countdown alla pubblicazione dell’ultimo post, quando arrivò.
Claire fu commossa da quella dimostrazione d’affetto e non riuscì a trattenere le lacrime.
Brandon la tirò a sé e la strinse in un abbraccio.
“Coraggio! Finiamo il lavoro che abbiamo cominciato!”
Claire annuì e si asciugò le lacrime, ma non lo lasciò andare, perché le tremavano le gambe. Brandon capì e la condusse al tavolo, la fece sedere davanti al computer.
Claire prese il quaderno su cui scriveva dallo zaino, lo aprì e lo appoggiò accanto al computer, cominciò a digitare.
Alla tv, alle spalle del conduttore, era mostrata una ripresa live della pagina del blog.
Quando Claire ebbe finito di copiare il testo, lasciò che Brandon facesse il resto.
Un fremito percorse l’intera Gran Bretagna quando in contemporanea su Internet e in tv comparve l’ultimo post del blog, che rivelava la vera identità della blogger che con la sua storia aveva commosso il Paese, tenendo l’intera nazione con il fiato sospeso.
Il post si concludeva in questo modo: «Mi chiamo Claire, Claire McIntyre e questa è la mia storia. Solo i nomi dei personaggi e i luoghi in cui è ambientata sono inventati. Tutto il resto è reale. Tutto ciò che ho raccontato, è accaduto e continua ad accadere. E’ la mia realtà quotidiana. Avevo tutto. Ora non ho più niente.»
Le reazioni furono diverse e tutte molto intense, ma le più sgomente furono la signora matrigna e le sue figlie, quando le loro fotografie comparirono in tv, accanto a una foto recente di Claire, che Brandon aveva allegato al post e diffuso su Internet, e neanche un quarto d’ora dopo la polizia suonò alla porta della loro bella villa di South Kensington.
Le autorità avevano infatti seguito con molto interesse la storia di Claire, e c’era stata anche la telefonata del nonno materno della ragazza, ora in pensione, ma fino a poco tempo prima titolare di un importante studio di avvocati di Edinburgo, che aveva lasciato nelle capaci mani del figlio, fratello maggiore della madre di Claire.
La signora matrigna fu arrestata e al padre di Claire venne revocata la custodia della figlia, che fu affidata ai nonni materni, finché non avesse raggiunto la maggiore età. Tutte le proprietà di McIntyre vennero congelate e la casa di South Kensington confiscata.
Claire venne reintegrata nella sua vecchia scuola e si trasferì a vivere nella tenuta di campagna dei nonni a Windsor, ma lei e Brandon continuarono a tenersi in contatto e a vedersi e quando cominciarono a frequentare l’università, si fidanzarono ufficialmente.
I diritti d’autore della sua storia furono acquisiti da una grossa casa editrice britannica, che ne fece un libro e a sua volta li cedette alla BBC, che ne trasse una fiction televisiva di grande successo.

5 pensieri riguardo “Cinderella96

  1. Avevo provato anche io a modernizzare Cindy, ma senza supporti tecnologici…. mi hai fatto venire in mente che devo finire di lavorarci…. avevo anche modernizzato Biancaneve e Pinocchio, ma chissà dove sono finiti…

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  2. Grazie per il commento!
    Mi piacerebbe leggere le tue versioni Pinocchio e Biancaneve. Spero che tu possa ritrovarli e postarli sul blog!
    Appena avrò un po' di tempo (adesso devo preparare gli esami per la sessione estiva, ma dopo spero di recuperare!) vorrei riprendere il filone del “Che cosa succederebbe se…” e attualizzare anche altre fiabe.
    Magari provare anche con fiabe d'autore come quelle di Oscar Wilde, chissà!

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