Cronache di Gaia – Episodio 3

Bek lanciò un’occhiata fuori dal finestrino. Nient’altro che cielo e nuvole. Odiava volare. Non era naturale per un essere umano solcare il cielo dentro una bara di ferro volante che incrociava a 5000 metri d’altitudine e stavano attraversando l’Oceano Atlantico! Distolse lo sguardo. Trasse un respiro.
La sensazione di nausea era ancora lì e Bek sapeva che le sarebbe rimasta per il resto del viaggio, finché non avesse di nuovo toccato terra con i piedi.
“La promozione ha effetto immediato” le aveva detto il supervisore. “Sei stata trasferita dal Dipartimento della Difesa a quello degli Affari Esteri. Sede di Londra. Mi sono permesso di prenotare per te un posto in classe economica sul volo di linea che parte da Newark alle dieci di domattina. Il tuo collega verrà a prenderti all’aeroporto di Heathrow, Old London Metropolis.”
“Collega?”
“Questa volta lavorerai in coppia con un loro agente. Congratulazioni.”
La voce del comandante richiamò la sua attenzione.
“Stiamo per atterrare all’aeroporto di Heathrow. Sollevate gli schienali dei sedili e allacciate le cinture. Sono le ore 03:00 P.M. ora locale. La temperatura esterna è di 41 gradi Fahrenheit. Il cielo è nuvoloso con piogge sparse. Vi ringraziamo per aver scelto la Atlantic Airlines e ci auguriamo che viaggerete di nuovo con noi.”
La Old London Metropolis, a differenza di New York City che si sviluppava in verticale, si estendeva in orizzontale e copriva un’area complessiva di 2592,18 Km2. I sobborghi periferici di Greater London erano stati abbandonati da tempo e ora solo Spettri, Rinnegati e Reietti occupavano le case fatiscenti, senza acqua corrente, luce, né gas e solcavano le strade d’asfalto lurido e crepato dei Borough, dove non cresceva nemmeno un filo d’erba.
I Cittadini vivevano nella City e gli Operai nei vari Districts che costellavano la zona periferica della Metropoli.
I londinesi utilizzavano una barriera invisibile proiettata sulla città da un dispositivo installato in cima alla torre del Big Ben per tenere gli Spettri lontani dall’abitato, che emetteva un’onda che disturbava la loro capacità di restare materializzati in questo piano di realtà. Il dispositivo veniva affettuosamente chiamato GrandFather Clock.
Quando l’aereo toccò terra, Bek non poté fare a meno di provare una calda ondata di sollievo e di sorridere. Era di nuovo sulla terraferma!
Passata la dogana e recuperato il bagaglio, un piccolo trolley con lo stretto necessario, Bek puntò dritta all’ingresso dell’aeroporto e uscì sotto la pensilina che proteggeva dalla pioggia chi si fermava sul marciapiede ad attendere l’autobus. Una macchina nera con i finestrini oscurati le si fece incontro e da essa scese un giovane dai capelli neri, la pelle ambrata e gli occhi color nocciola, zigomi alti, un corpo snello e longilineo, alto e slanciato. Indossava un montgomery blu navy sopra il completo giacca e cravatta color grigio perla degli Affari Esteri.
“Rebekkah Gaelica?”
Bek annuì. Il ragazzo le porse la mano. Bek ricambiò la stretta.
“Raphael Nigredo” si presentò. “Sono il tuo nuovo partner.”
Bek indossava una giacca a vento sull’uniforme nera casacca e pantaloni del suo Dipartimento, ma il clima umido e uggioso di Old London le strappò comunque un brivido.
“Sali in macchina. Ti accompagno al tuo appartamento e, quando ti sarai cambiata, ti porterò alla nostra sede Centrale e ti mostrerò il nostro ufficio. Abbiamo già provveduto a fornirti due cambi di uniforme. Se hai bisogno di altri capi di vestiario a parte quelli che ti sei portata da New York, puoi farne richiesta tramite la nostra sartoria. L’appartamento è completamente arredato e il Dipartimento ha provveduto a fornirti tutto il necessario per la tua permanenza. Benvenuta a Old London Metropolis, Rebekkah.”

Nel prossimo capitolo…

  • Partono per una nuova missione. (60%)
  • Raphael porta Bek a fare un giro della città. (20%)
  • Visitano la sede centrale degli Affari Esteri. (20%)

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